Spesso si attribuisce alla rabbia il significato di emozione prettamente negativa. A noi adulti (genitori, operatori, insegnanti…) evoca immagini di “aggressione” e di “bambini fuori controllo”.
Da tempo, in studio mi capita di accogliere genitori in preda al panico per una rabbia sfrenata del loro bambino, quasi come se la manifestazione di rabbia persino nei bambini molto piccoli sia un sentimento incompreso e di cui avere paura e quindi che debba essere in qualche modo negata ed evitata.
Di per se’ la rabbia non è un’emozione prettamente negativa, anzi, essa è utile per la sopravvivenza. Ci consente di reagire in maniera immediata a delle situazioni di pericolo e ci aiuta a difenderci nei momenti di crisi. La rabbia a cui ci riferiamo in questo caso è la manifestazione inappropriata di essa.
La rabbia è verosimilmente quella che possiamo sperimentare noi stessi, o riscontrare negli altri con una certa frequenza. Se impariamo a gestirla noi stessi, saremo in grado di aiutare i nostri bambini a capire che questa emozione non è per forza un’esperienza spaventosa e imprevedibile. Nei bambini l’aggressività è una modalità comunicativa e di crescita che si trasforma ed evolve in relazione alle tappe evolutive dello sviluppo del bambino e pertanto deve essere valutata in relazione alla sua età. Nel primo anno di vita l’aggressività del bambino è una modalità specifica sia di reagire alle frustrazioni sia di dare spazio alla tendenza esplorativa che caratterizza proprio i primi anni di vita. Intorno ai due anni, invece, il bambino impara l’uso del “NO” e anche questo rappresenta un suo modo di crescere che gli permette di distinguere l’IO dal TU e di far valere la sua volontà.
Non bisogna dimenticare anche il valore esplorativo di alcuni atteggiamenti aggressivi. Ad esempio le spinte, i morsi, il lancio di oggetti, le crisi di rabbia, … sono un tentativo per esplorare le relazioni e anche per verificare l’effetto che tali azioni suscitano sulle persone e l’ambiente che circondano il bambino.
È fondamentale, soprattutto nei primi anni di vita del bambino, che gli adulti li aiutino a sviluppare l’empatia, la cooperazione, tollerare la frustrazione, e aiutarli a trovare delle strategie adeguate per calmarsi da soli.
Il mio articolo su la regolazione emotiva parla proprio di quanto sia importante “educare alle emozioni”. Solo preparando i bambini a gestire correttamente la propria emotività, potranno vivere al meglio e quindi saranno in grado di gestire al meglio la rabbia.
È importante tenere presente che
• la rabbia durante l’infanzia non va tenuta repressa e controllata;
• nella maggior parte dei casi la rabbia sorge durante un evento scatenante.
Diversi sono i fattori che suscitano nei bambini situazioni di rabbia e aggressività:
Situazioni di stress, legati anche alla vita quotidiana familiare (preoccupazioni dei genitori, difficolta lavorative, conflitti tra genitori, difficoltà relazionali tra genitori e figli, problemi scolastici…). Tutti questi eventi potrebbero attivare “troppo” il bambino che fa fatica a comunicarci come si sente e cosa prova.
Il grado di autostima. Numerosi studi affermano che anche il grado di autostima sviluppato nei bambini determina reazioni di rabbia o meno. È risaputo infatti che bambini con un’elevata autostima assumono atteggiamenti propositivi e positivi e hanno una visione fiduciosa nei confronti del mondo esterno. Bambini con un’autostima carente invece avranno piu’ comportamenti aggressivi e di rabbia.
Anche i cambiamenti possono essere fattori scatenanti, per esempio la gelosia tra fratelli, la mancanza di comprensione, l’umiliazione…
Ma cosa fare quando i genitori si trovano davanti a comportamenti di ravbbia dei propri figli?
La prima cosa fondamentale che bisogna fare è accettare l’emozione del bambino, solo cosi anche lui sarà in grado di accettarla.
Successivamente mantenere la calma,
Avvicinarsi a lui e sintonizzarsi con il suo stato d’animo,
Comunicare con lui in maniera efficace e ribadire che parlerete con lui una volta che si sarà calmato,
dopo essersi calmato aiutarlo a riflettere, analizzando con lui l’accaduto (naturalmente adattando le parole all’età del bambino).
Ricordiamoci sempre che “i bambini devono sapere che anche quando sono arrabbiati, continuano ad essere amati e accettati” (Erikson, 2015).